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ONORANZE FUNEBRE DI GIOVANNI CALATTINI ALLA SEPOLTURA DELLA SALMA DI OTELLO MACCHI (da Orlando Dario Macchi e Pocci Emma) nato a Poggibonsi il 6 Giugno 1903 e morto all'ospedale militare Celio di Roma il 24/8/1924.

Nel tormentoso travaglio della nostra esistenza, vi sono purtroppo dei momenti nei quali il povero linguaggio umano è incapace a esprimere e rivelare l'angoscioso tormento in cui si batte l'animo nostro, il nostro cuore, troppo spesso feriti nei loro affetti migliori e più cari. Tale oggi è il momento che noi attraversiamo e nel quale il valore e la commozione che ci invadono, ci impedisce di dire degnamente, di questo nostro ottimo amico, troppo presto a noi rapito, da una legge superiore inesorabile.
Parlare infatti ora di lui, mentre ci martella in cuore il dolore vivo della sua morte e nel cervello tumulto in folla, ricordi lieti e tristi che si collegano per vicende varie, alla nostra esistenza, è oltremodo difficile. Diremo solo che si è spento troppo violentemente, un fiore così fresco e rigoglioso, un fiore che aveva profumo di infinita bontà e gentilezza. La notizia un po' confusa della sua fine immatura ci ha lasciati per un momento quasi attoniti, incapaci a concepire l'improvvisa sciagura che si abbatteva su noi, poi la realtà dolorosa ha avuto la sua dura conferma e un senso di sgomento ha invaso l'animo di quanti conoscevano le belle doti di mente e di cuore del caro scomparso, ne apprezzavano la dirittura del carattere, la sua operosa instancabile attività.
Lo attendeva di ritorno fra noi, come si attende il fratello migliore, dopo una lunga e doverosa assenza; già negli scritti alla famiglia il nostro Otello esprimeva il suo contento, per essere alla vigilia di lasciare una divisa, che davvero aveva servito con volontà, diligenza ed amore, per ritornare ad essere parte viva, attiva e palpitante, della famiglia che adorava e da cui era venerato, per ritornare fra gli amici che lo attendevano con la stessa fraterna trepidazione con cui si attende più che l'amico il fratello lontano. La sua fine repentina, là, in una corsia dell'ospedale, fine resa per lui e per noi più straziante dall'assenza dei suoi cari, troppo tardi avvertiti, per raccogliere dal labbro morente, del loro, del nostro Otello, l'ultimo pensiero, l'ultimo bacio, riempie l'animo nostro di un'amarezza che non trova conforto. Otello! Soldato buono, disciplinato amico nostro della migliore tempra che a noi sempre sorridevi, di quel sorriso infantile che era come il patrimonio morale della tua fresca giovinezza, del tuo letto di morte e di pace, sorridi ancora a noi che ti amiamo e che piangiamo e fa che del tuo angelico sorriso, noi tutti possiamo fruire perché esso è pane dello spirito che ci guidò ieri per le vie del bene, sul duro cammino della vita ed è oggi l'unico conforto che ci resta, fra lo strazio che ci causa la tua morte immatura. Ci lasciamo. ci lasciano le tu spoglie, ma non ci lascia il tuo spirito mobilissimo che si agita e vive in noi e ci illumina, nell'oscuro domani quale retaggio indistruttibile di un affetto che non ha fine. Seguiamo l'esempio dei tuoi commilitoni, dei tuoi Ufficiali e spargiamo sulla tua salma adorata, tutte le lacrime del nostro rimpianto, tutti i fiori del nostro infinito amore, il cordoglio di una folla muta e silenziosa che piange la tua fine.
Va. amico buono e dal cielo veglia su di noi.

VALE...

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Chi era GIOVANNI CALATTINI?

Un semplice falegname, che aveva frequentato le scuole Elementari fino alla V e non di più, amico fraterno di Otello, cattolico fervente, sempre disponibile in casi di necessità per qualsiasi cittadino. Nell'immediato dopo-guerra, fece parte del Comitato di Liberazione distinguendosi nell'attività per sopperire ai bisogni contingenti necessari.
Meraviglia, oltre tutto, nell'orazione il tono toccante espresso difficilmente riscontrabile anche fra parenti e amici.