Un vecchio proverbio dice che si vede sempre il passato migliore di quanto era, il presente peggiore di quanto è, ed il futuro più roseo di quanto sarà. Ma non è così stando ai fatti. Si ripete quasi constantemente ciò che è già avvenuto e ci lamentiamo che ciò avvenga sotto i nostri occhi. I fatti accaduti a Poggibonsi, nell'agosto del 1920 non si potrebbero ripetere oggi con la stessa sequenza, ma con una regia diversa, potrebbero benissimo avvenire.
Ci furono molti feriti, arresti in massa. danni a cose e persone, reazioni violente, scioperi di protesta, dopo di che, come avviene, tutto si dimentica. I morti, con solenni esequie, furono inumati, i feriti tornarono alle loro case ed i protagonisti furono pian piano dimenticati. Così avviene quasi sempre.
Ma cosa avvenne quel 23 agosto 1920 in quel di Poggibonsi? Pensiamo che la migliore soluzione per darvi tutti i particolari, sia quello di riportare fedelmente il racconto del corrispondente del giornale "La Nazione" del giorno 24 e successivi. Ci spiace non potervi dire il nome del resocontista così preciso, dato che si firma solo con B.B.
Eccovi intanto il titolo che già mette in evidenza i fatti: «Come si è svolto il tragico conflitto a Poggibonsi». La nostra inchiesta. Un'altra vittima. Dieci arresti (dal nostro inviato speciale).
 L'origine del conflitto, Poggibonsi 23 notte. È bene dire subito, che la politica, una volta tanto, si può dire estranea alle origini del conflitto.(1) Un futilissimo motivo ha provocato lo scoppio cieco della brutale ira popolare e sono allora intervenuti i Carabinieri. Verso le ore 21 di ieri sera, il Sig. Giuseppe Delle Case, insieme a suo fratello Dario, si trova seduto su di una panca all'esterno del negozio Consortini, in Via Vittorio Emanuele II (il negozio in parola di proprietà Consortini era gestito da Pietro Pelacchi che vedete nella foto, sulla porta. Era in Via Maestra dove attualmente č il bar "Ape d'Oro"; si trattava di una drogheria, pasticceria e generi vari, come si usava all'epoca). In quel mentre usciva da bar(2) certo Umberto Bacconi di anni 40, il quale inciampò in una mazzetta, che il Sig. Giuseppe teneva in mano.(3) Qui, tanto per cambiare, cominciano le contraddizioni e seguendo la nostra linea di perfetta inparzialità(4) riferiamo ambedue le versioni. I Socialisti(5) affermano che il Delle Case, abbia detto in tono altezzoso, al Bacconi, di camminare con più garbo, mentre le autorità riferiscono che l'operaio avrebbe invitato costoro a tenere a posto la mazza.
Il fatto si è, che proprio per la questione di una mazza, gli animi si sono eccitati ed i due non hanno tardarto a venire alle mani. Anche qui, c'è chi afferma che il Bacconi abbia iniziato la zuffa, tirando uno schiaffo, mentre altri spergiurano che il Delle Case affibbiò una bastonata all'avversario. Ma crediamo che il punto più importante non sia proprio quello di stabilire chi per primo abbia messo in azione le mani; probabilmente non si saprà mai con certezza. Il fatto si è, che dopo essersi picchiati si santa ragione, i due, assai malconci, vennero divisi a forza; il Bacconi, però grondava sangue dalla testa e nell'andarsi a medicare, disse che avrebbe denunciato il fatto ai Carabinieri, come in effetti fece.
Frattanto l'accaduto si era sparso con la rapidità del baleno, ed in breve si era andata formando dinanzi alla pasticceria una folla numerosa, non certo molto benevola per il Delle Case. Già da molto tempo, non godevano le simpatie dei paesani. Ricchi possidenti, tanto lui, che suo fratello, tenevano sempre un tono altezzoso e sprezzante. Anche in occasione di questi fatti dimostrano ancora una volta una profonda avversione ad accettare il patto concordato. Di modo che, la prima impressione degli accorsi, è stata quella che il Delle Case avesse fatto una ritorsione politica all'operaio Bacconi. Questo fantastico racconto, ha contribuito ad accendere gli animi.
Sono cominciati gli urli, i fischi: il Delle Case che era nel retrobottega a tutto quel frastuono è uscito fuori, tentando di convincere i più accesi, che si trattava di una faccenda personale, ormai sedata. Invano i vicini, spinti dagli altri, sono entrati nella bottega, che ben presto è stata invasa del tutto. Qualcuno ha trasceso più oltre, cominciando a tirare bicchieri, recipienti e quanto capitava sotto mano, contro il Delle Case. Egli si tirava allora, nel retrobottega, per sfuggire a quei proiettili, mentre la folla non ristava dal gridare e dal fischiare. È stato allora che sono sopraggiunti i Carabinieri; il Brigadiere Tagliaferri, comandante la Stazione in assenza del Maresciallo Gerbi, appena informato del fatto, si recava sul posto con i militi Giuseppe Focardi, Luigi Chinesi, Guglielmo Mattiuzzi, Luigi Pellizzari e Angelo Davanti. Essi hanno fatto, per prima cosa, sgombrare la bottega, ormai un vero campo di battaglia, senza incontrare nessuna resistenza. Quindi, dopo aver socchiuso la porta, dietro la quale si accalcavano i popolari, faceva scendere il Delle Case, incitandolo a seguirlo in caserma,(6) per fornire spiegazioni. Ma non si trattava di una cosa molto semplice: appena egli è apparso sull'uscio, in mezzo ai Carabinieri, è stato un urlo generale.
Qui è il punto oscuro di tutto il fatto: c'è stato il primo colpo di rivoltella, isolato. Sparato da chi? Dal Delle Case, secondo alcuni, da un Carabiniere secondo altri: dalla folla afferma l'autorità. E poi, tanti altri colpi; sono echeggiati sinistramente per le vie anguste; erano i Carabinieri che sparavano.
È nato un fuggi fuggi generale, ma non tutti, purtroppo, hanno potuto allontanarsi, qualcuno era caduto al suolo, lamentandosi dolorosamente. Frattanto, dopo aver sparato una trentina di rivolverate, i militi si allontanavano dalla porta di dietro ed i fratelli Delle Case pensavano a mettersi al sicuro per conto loro. I volontari della Pubblica Assistenza, con lodevole pronteza, trasportavano i caduti all'Ospedale Civile.
I referti medici Uno di essi, però, vi giungeva cadavere; è un certo Fortunato Chellini, di Torello, di anni 58, detto Borcolino. La pallottola gli ha forato il cuore. Ecco i referti medici dei feriti, i quali hanno ricevuto le amorevoli cure del Dott. Pieraccini. Neri Luigi, fu Vincenzo, di anni 51, ferita di arma da fuoco in corrispondenza dell'emitorace sinistro, con foro di uscita alla linea ascellare; altra ferita alla regione scapolare. Prognosi riservata. Lami Giuseppe, fu Ranieri, di anni 49. Ferita d'arma da fuoco alla mammella destra, con perforazione del polmone. Prognosi riservata. Conforti Lorenzo di Cesare, di anni 20, ferita di arma da fuoco alla gamba sinistra, guaribile in giorni 20. Bechi Emilio, di Attilio, di anni 39. Ferita di arma da fuoco alla colonna vertebrale, guaribile in giorni 25. Bacconi Umberto, fu Egisto, di anni 40, quello che ha suscitato tutto questo guaio, si è fatto medicare dalle bastonate avute, che gli hanno procurato una ferita alla regione occipitale parietale destra, guaribile in 12 giorni.
Lo sciopero generale Nella nottata si radunavano i dirigenti del Partito Socialista locale, i quali proclamavano lo sciopero generale di protesta. Infatti da stamani tutti i negozi sono chiusi. Ogni attività cittadina si è fermata. Da Siena è giunto un camion di Carabinieri di rinforzo, al comando del Capitano Lucarelli, il quale, insieme al Vice Commissario Filipponi ha assunto la direzione del servizio di Pubblica Sicurezza, ma non hanno mai avuto occasione di riferire. La giornata è trascorsa tranquilla. Si trova anche a Poggibonsi l'On. Bisogni, il quale oltre ad iniziare un'inchiesta, a cura del gruppo parlamentare Socialista, ha già fatto pressione presso la P.S. per il rilascio degli arrestati.
La versione dei Carabinieri ed il racconto di un testimone oculare La versione ufficiale, data dal Cap. Lucarelli dei RR.CC. non si discosta molto da quella che noi abbiamo riferito più sopra, almeno fino alla prima parte. Poiché egli nel suo rapporto dice che l'intervento dei Carabinieri fu accolto ostilmente dalla folla. Tanto che essi furono costretti ad uscire dalla bottega per allontanare i facinorosi. Da costoro sarebbe partita una bastonata che colpi un Carabiniere alla testa, non solo, ma la folla si faceva sempre più addosso, nonostante ogni esortazione. Per questo, conclude il rapporto, i militi si trovarono costretti a sparare. È da rilevare che i Carabinieri Chinesi e Focardi hanno riportato delle lesioni alla testa guaribili in 10 giorni. Il Capitano Lucarelli ci ha mostrato pure quattro proiettili di rivoltella dissimili da quelli di ordinanza, segno questo che qualcuno della folla avrebbe risposto al fuoco.
Ho interrogato pure il proprietario della drogheria Consortini, il Sig. Pietro Pelacchi il quale essendosi trovato presente allo svolgimento di tutto il triste episodio è forse quello più in grado di sapere tutta la verità. Egli mi ha ripetuto in sostanza, tutti i particolari già noti, asserendo però che il Bacconi è stato il primo ad offendere il Sig. Delle Case dopo aver inciampato nella mazza. Ci ha narrato con accento triste dell'invasione del suo negozio, della sua proprietà devastata: intorno poi all'episodio dei Carabinieri egli ha affermato che essi sono sempre rimasti dietro l'uscio socchiuso e non si spiega come avrebbero avuta la bastonata. In conclusione di tutto questo insieme di racconti emerge una sola contraddizione importante: si tratta cioè di sapere se i Carabinieri siano o no, stati provocati dalla folla. Domani giungerà da Siena il "Procuratore del Re" e siamo sicuri che l'egregio magistrato saprà porre i fatti nella loro vera luce.
Un'altra vittima Nel pomeriggio, a tarda ora, uno dei feriti ha cessato di vivere nell'infermeria dell'Ospedale. È Luigi Neri, che malgrado ogni cura del Dott. Pieraccini non è sopravvissuto alla gravità delle ferite, ed è morto alle 17. Lascia la moglie e quattro figli, tutti grandi, ormai. Anche il Lami, si trova in gravi condizioni ed il sanitario dispera di salvarlo. Forse domani verranno rese solenni onoranze funebri ai due morti e probabilmente lo sciopero generale non terminerà fino a che non saranno fatte le esequie. Nessuna decisione č stata presa a questo proposito.
Dieci arresti Durante la giornata sono stati tratti in arresto dai Carabinieri i seguenti individui: Laghi Lago, di anni 29; Arnecchi Nello di anni 27; Minucci Alessandro, di anni 30; Bianchini Alessandro, di anni 20; Arnecchi Aurelio di anni 38; Nesi Antonio di anni 19; Nannoni Arturo di anni 25; Rossi Pietro di anni 16; Bronzini Mario di anni 16.
Essi avrebbero fatto parte della folla che tentò di aggredire il Delle Case. Sono rinchiusi nel carcere mandamentale sotto l'imputazione di violenza e oltraggio.
Quanto al Sig. Delle Case, dopo essersi fatto medicare dal farmacista č scomparso dal paese. Sembra che si sia rifugiato in una villa a Mensanula. Anch'egli verrà denunciato al "Procuratore del Re". (B.B.).
Nelle prime pagine vi abbiamo riportato i resoconti della stampa a carattere nazionale, ma anche la stampa locale non mancò di interessarsi al cosiddetto «fattaccio». Ognuno tirando l'acqua alla propria fazione politica e come volete "visto da sinistra o da destra". Vi diamo i due articoli più interessanti, il primo della "Martinella" giornale social-comunista, e l'altra del "il Popolo di Siena" periodico cattolico, entrambi del 28 agosto 1920. Dopo aver raccontato i fatti, più o meno negli stessi termini del giornale "La Nazione", si lanciano entrambi in un commento esclusivamente di parte. Ecco il primo.
«La congiura contro il partito nostro è sempre più palese. In ogni baruffa si vuol cercare il lato politico per affibbiare la colpa ai socialisti. Di fronte alle vittime, non sa neppure tacere il livore di parte. Gli scribi di «Era Nova» che dovrebbero conoscere i fratelli Delle Case per emeriti provocatori, vogliono riscontrare nell'eccidio le cause della propaganda socialista. La ragione è questa: in provincia imperversa la reazione, il Prefetto ha lasciato mano libera alla P.S. e questa da disposizioni di sparare, ai Carabinieri. I quali Carabinieri, più volte ubriacati nelle cantine padronali o graduati ambiziosi e nevrastenici ricorrono all'arma sapendosi autorizzati ed impuniti.
Le conseguenze, lo noti la stampa avversaria sono, poi sopportate dagli operai i quali inermi, incontrano la morte, il carcere, mentre i padroni, come il Delle Case, armati provocano, sparano e rimangano impuniti, fino a quando ... »(nota del Direttore).
Sentiamo l'altra campana.
«Chiunque, anche da lontano, conosca il paese di Poggibonsi, lasciato da troppo tempo in balia di se stesso e dei più volgari e irresponsabili propagandisti rossi, non si sarà meravigliato a leggere sui quotidiani la cronaca luttuosa del fattaccio, accaduto colà a tarda ora, domenica sera.
Noi riteniamo inutile ricostruire per i lettori del nostro settimanale codesto fattaccio, senza frangia, come si svolse, tanto più che ormai è da tutti ammesso che il socialista Bacconi fu il primo ad inveire e ad urlare contro il Giuseppe Delle Case, il quale seduto sulla porta della pasticceria Consortini, battendo così per distrazione, la giannetta sui suoi piedi, fu dal Bacconi, che rasentava di lì, accusato di averlo toccato col bastone.
Guardate dove arriva la ipersensibilità di certa gente! Naturalmente per il Bacconi e per tutti gli imbottiti del Bolscevismo poggibonsese, il Delle Case come un prete qualsiasi, avrebbe dovuto subire in pace le ingiurie e magari ringraziare. Noi ci soffermeremo più volentieri a far delle considerazioni che ci vengono spontanee alla mente, ripensando con tristezza a quel branco di semianalfabeti politicanti, che scaricano periodicamente le loro facce in «Bandiera Rossa» (è il secondo titolo dei giornale «La Martinella») la degna sentina (fogna) di codesti ventri.
Il nome della civile terra senese, il nome di questo popolo che si distingueva per il suo mite e gentile costume, il nome di questa bella provincia, che, non è molto, riporta l'alto onore, unica provincia d'Italia, di passare un anno senza reati di sangue, già due volte in una settimana, corre tristemente famoso nelle cronache della stampa nostrana e straniera, per i fatti che recherebbero onta, ai pellirosse. Né sono questi i primi né saranno gli ultimi fattacci».
Da parte nostra non aggiungiamo altro. Giudicate voi, se ci riuscite!!!
Come seguito alla vicenda abbiamo documenti che riguardano i rapporti fra i Delle Case e Pietro Pelacchi gestore del bar in cui avvennero i fatti. Si tratta di alcune lettere dei fratelli Delle Case al Pietro Pelacchi in merito ai danni riportati dal locale in occasione di quella irruzione popolare nel negozio.
La prima è del 24 agosto 1920 in cui si dice: "Caro Pietro. Grazie infinite per tutto quello che facesti domenica sera in nostra difesa. Quanto ai danni riportati prepara l'inventario che non dovrai perdere un centesimo. Avrai da lavorare un pezzetto. Noi ottimamente di spirito e di salute. Tante buone cose in famiglia e a te. Beppe e Dario".
Successivamente in data 17 settembre 1920 segue un'altra lettera in cui si chiede scusa per delle voci su presunte dichiarazioni di Mario Delle Case, che avrebbe messo in dubbio alcune notizie trapelate, dei danni che Pietro Pelacchi si accingeva a chiedere ai due fratelli.
Ve la riportiamo: "Caro Piero. Hai ancora una volta centomila ragioni di protestare contro la frase infelice di mio fratello.(7) Probabilmente Mario avrà voluto chiederti la nota esatta ed avrà creduto di scherzare aggiungendo il resto. Ma non è lecito scherzare su cose così delicate e soltanto aver pensato ad una cosa simile è sommamente ridicolo e sconfortante. Sta pur sicuro, che a me e Dario, che conosciamo molto bene la tua onestà personale e correttezza scrupolosa, non sarebbe mai passata per la testa un'idea simile, nemmeno per scherzare; non parlare di questo con Mario che aggiusteremo tutto fra noi al nostroritorno. Credimi, con tanti saluti anche da parte di Dario per te e la tua famiglia. Tuo amico Beppe. P.S.: Tanti saluti e scuse. Dario".
Si chiuse così una vicenda non certo edificante, che oltre tutto causò vittime e tensioni per lungo tempo.
Note
1) Troppo facile affermare tutto ciò. Certe rivendicazioni operaie e contadine non erano certamente estranee alla politica.
2) Era un negozio di drogheria, pasticceria, caffé, liquori e generi vari come usava all'epoca. Era di proprietà di Mariano Consortini, bisnonno della Sig.ra Licia Trazzini, che gentilmente ci ha informati dettagliatamente. Era gestito dal genero di Mariano, Pietro Pelacchi. Il fondo era quello occupato attualmente dal bar "Ape d'Oro".
3) I maligni dicono che il Delle Case abbia fatto questo a sommo studio.
4) Di questo ne dubitiamo, visto l'articolo.
5) Il cronista si contraddice. La politica c'entrava eccome. Ne furono una riprova gli scioperi che seguirono.
6) La caserma era allora in via Trieste nei locali che avevano ospitato il primo ospedale costruito a Poggibonsi nei pressi della Porta delle Chiavi.
7) Mario era il fratello maggiore dei tre ed estraneo ai fatti.
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